LA FORZA DI LEVARE
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... Mi sembra che il libro di Ronconi, il percorso che esso traccia attraverso la scansione di immagini, parta da un idea semplice e sottintesa: che la mostra è una rappresentazione. Rappresentazione proprio nel senso teatrale della parola: una messa in scena ottenuta attraverso un allestimento, un racconto trasformato in azione, una partecipazione attiva di pubblico. L’esibizione è ferma, si limita a offrire un oggetto allo sguardo. La rappresentazione, al contrario, è in continuo movimento, mostra interpreti nel momento in cui agiscono, disegna un percorso che lo spettatore è invitato a seguire oppure a costruirsi con le sue scelte. Così le sezioni in cui il libro si suddivide possono idealmente corrispondere alle tappe di una rappresentazione còlta nell’intero arco del suo svolgersi.
Si comincia con la preparazione, che è come dire l’allestimento della scena e la delimitazione dei suoi spazi. Poi viene il levare del sipario, il momento inaugurale. Poi l’itinerario, simile alla trama di un racconto: non rigido, anzi flessibile, coi suoi andirivieni e i suoi ritorni. La Piazza, la Carcogna, la via Roma, ancora la Piazza. Non manca un elemento spiccatamente teatrale come il Coro e la banda. La chiusura vale come un calar di sipario, ma non è nemmeno il momento finale. Perché al sipario calato segue lo smontaggio - delle scene sul palcoscenico, verrebbe voglia di dire. La rappresentazione è conclusa, ma la fantasia può continuare a vagare sulla scia delle immagini. Non a caso, l’ultima di esse è un simbolico sigillo: un primissimo piano della mano che impugna la sua arma e della pietra che si offre ancora una volta alla ricerca dell’immagine nascosta...
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Renzo Tian
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... la sequenza delle immagini di questo libro dedicato alla Mostra della Pietra Lavorata di Strada, nel bel Casentino, è un invito a partecipare al farsi (preparazione, svolgimento e conclusione, incluse le spoglie felliniane della ribalta, a luci spente) d’una festa di popolo che si tiene nel segno della scultura. La quale è qui intesa, e praticata, quale luogo di incontro e interscambio tra la creatività individuale degli artisti chiamati a realizzarla e il sapere depositato nella tradizione locale dell’arte lapidea. Non a caso Renzo Tian, nel suo puntuale testo introduttivo, ne parla in termini di messinscena. Come d’una rappresentazione in cui gli oggetti scultorei, sovente prestigiosi per qualità formale e identità estetica, dunque godibili nella loro autonomia, veramente assumono senso e vibrano quando incontrano la quotidianità, si fanno parte del vissuto popolare, suscitano emozioni, inducono comportamenti da teatro di strada, appunto, nello spirito della festa cui si partecipa mettendosi spontaneamente “in azione”, senza distinzione di ruoli e funzioni.
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Nicola Micieli